Filosofo inglese. Formatosi a Eton e a Cambridge, dove insegnò per tutta
la sua vita, formò insieme a Cudworth e altri la cosiddetta "scuola
filosofica di Cambridge" (V. CAMBRIDGE, SCUOLA FILOSOFICA
DI) che, in polemica con gli orientamenti empiristici cartesiani e il
rigorismo della confessione puritana, si riallacciava alla dottrina neoplatonica
e in particolare al vitalismo e platonismo del Rinascimento italiano.
M.
accentuò gli aspetti mistici e teosofici, riproponendo gli aspetti
ermetici e cabalistici del Neoplatonismo (
Coniectura cabalistica, 1653).
All'etica e alla metafisica sono dedicate le sue due opere maggiori:
l'
Enchiridion ethicum (1668), in polemica con il dogma calvinista della
predestinazione, affermava l'incapacità della ragione umana di giungere
per sé sola a salvazione e indicava nella forza cosmica dell'amore
intellettuale (corrispondente in pratica all'Eros platonico) la radice di ogni
virtù. L'
Enchiridion metaphisicum era invece centrato sull'analisi
dei concetti di spazio ed estensione che Cartesio aveva posto come
caratteristiche della sola materia. Secondo
M., però, lo spazio
era attinente a tutte le sostanze, materiali e non, dunque tutti gli esseri
spirituali o corporei ne risultavano estesi. Inoltre, esaminato da un punto di
vista metafisico, lo spazio si mostrava a lui come uno, semplice, eterno,
infinito, increato, onnipresente, eterno, ecc., tutti attributi propri non di
una natura corporea ma di Dio stesso, "oscuro simbolo della presenza essenziale
della divinità". Il fatto che, per
M., la materia fosse contenuta
e abbracciata da uno spazio così definito, permetteva al filosofo di
stabilire una intrinseca compenetrazione fra corporeità e
spiritualità, in opposizione alla separazione e incomunicabilità
delle medesime, rigidamente affermata da Cartesio, e alla deriva del
Materialismo. Tale dottrina spiritualista dello spazio influenzò in
seguito anche le teorie e speculazioni di Newton e Leibniz (Granthan,
Lincolnshire 1614 - Cambridge 1688).